Processo all'arte

The Italian translation of the Fumet essay, Le procès de l'art, published in 1929 in Paris within the prestigious series "Le Roseau d'Or" that in those years included the writings of Claudel, Maritain, Cocteau, Bernanos, Julien Green, Max Jacob, Chesterton, Berdyaev, Eliot..., leads into the completely original territory of the artistic process and its incredible potential. The critical preface to the text shows that it is not a poetic text, nor a treatise on aesthetics, nor an essay of criticism or art history, even if it contains aspects related to these disciplines. Le procès de l'art is rather, a prophetic book, a systematic and passionate meditation on the anthropological nature of art in its relation to the Whole. The book aims to move away from the narrowness and limitations of the Church of that time which had imposed its continuous reserves on the artistic phenomenon and wants to analyze the artist's creative process in relation to the mystery of the Incarnation throwing bridges between two independent worlds that have however, many similarities. The speech is very high and interesting because it touches the vertigo in which the perception of art is able to enter to the theological. Recognizing to art its independent research that have to be conform to its ends and its means, Fumet releases ethics from aesthetics, clearing the air of all misunderstandings of aesthetic criticism, and through a well-balanced argumentation on the artistic experience, he fully enhances the intuition that identifies the unity of the immanent and the transcendent in the existing as a dialectic between identity and otherness.Fumet conducts his close examination of the idea of art and the problems of its use in a nonconformist way, searching the common links between the research of artist and that of the believer and reveals their extraordinary synergies as well as their differences.

La traduzione in italiano del saggio di Fumet, Le procès de l’art, pubblicato nel 1929 a Parigi nella prestigiosa collana de “Le Roseau d’Or” che in quegli anni accoglie gli scritti di Claudel, Maritain, Cocteau, Bernanos, Julien Green, Max Jacob, Chesterton, Berdiaev, Eliot…, permette di addentrarsi in un territorio assolutamente primigenio nei confronti del processo artistico e alle sue incredibili potenzialità. La prefazione critica al testo evidenzia come non si tratti di un testo di poetica, né di un trattato di estetica, né tanto meno di un saggio di critica o di storia dell’arte, anche se contiene aspetti riconducibili a questi ambiti disciplinari. Le procès de l’art è piuttosto un libro profetico, una sistematica quanto appassionata riflessione sulla natura antropologica dell’arte nel suo rapporto con il Tutto. Il libro si propone di uscire dalle angustie e dai limiti che la Chiesa del tempo aveva imposto al fenomeno artistico con le sue continue riserve e di analizzare il processo creativo dell’artista in relazione al mistero dell’Incarnazione gettando ponti fra due universi autonomi che hanno tuttavia molte analogie. Il discorso è molto alto e interessante perché tocca la vertigine in cui la percezione artistica è capace di introdurre a quella teologica. Riconoscendo all’arte la sua autonoma ricerca che deve essere conforme ai suoi fini e ai suoi mezzi, Fumet sgancia l’etica dall’estetica, sbarazzando il campo dagli equivoci di una critica estetizzante e, in una argomentazione ben calibrata dell’esperienza artistica, ne valorizza a pieno l’intuizione che è in grado nell’esistente di individuare l’unità dell’immanente e del trascendente come dialettica tra l’identità e l’alterità. Anticonformista nel condurre la sua disanima sul farsi dell’arte e sui problemi della sua fruizione, Fumet cerca i nessi che accomunano la ricerca dell’artista con quella del credente e ne rivela le straordinarie sinergie oltre che le reciproche differenze.