Il 14 novembre 2016 fu trasmesso su Rai1 il film “La classe degli asini”, diretto da Andrea Porporati. Ambientato nella Torino degli anni Sessanta e ispirato al contributo per una didattica inclusiva della professoressa Mirella Antonione Casale (Levita, 2019), lo sceneggiato televisivo presenta parte della vita personale e lavorativa di una docente di scuola media. Insegnante rigorosa e paladina della trasmissione “vecchia maniera” del sapere, Mirella (Vanessa Incontrada) si trova ben presto a mettere in discussione tutti i suoi punti fermi. È il collega Felice (Flavio Insinna) a rivelarle i limiti di una didattica che esclude la diversità, motivo per cui egli dà forma – in orario extrascolastico – a una “classe degli asini”, aperta ai rigettati dalla scuola del tempo. Il trasferimento di un suo scolaro turbolento in un istituto improntato su metodi costrittivi e violenti, oltre che l’allontanamento della figlia con una grave disabilità da un ente privato a cui era iscritta e che la ritiene incapace di qualsiasi apprendimento, fanno comprendere a Mirella la necessità che la scuola pubblica si rinnovi per divenire luogo di risposta a ogni bisogno speciale. Ella continua questa lotta anche una volta divenuta preside, decidendo di accogliere gli scolari con disabilità nelle classi del plesso che dirige. Il film ebbe ampio seguito di pubblico. L’audience sfiorò i 6 milioni di telespettatori e lo sceneggiato vinse a mani basse il confronto della prima serata. Affrontando un tema pressoché ignorato dalla filmografia italiana, l’audiovisivo ha il merito di aver gettato luce su un periodo cruciale per la scuola italiana, caratterizzato – tra le altre cose – da un dibattito il cui esito fu la promulgazione negli anni Settanta di leggi per l’integrazione dei soggetti con disabilità nelle classi comuni. Un approdo non semplice, segnato dalla netta rottura con pratiche certamente esclusive, ma spesso anche promotrici di una didattica specializzata, e da un “inserimento selvaggio” dei disabili non privo di difficoltà (Cottini, 2017; Polenghi, 2021). Tenendo presente questo contesto, il contributo, che si pone nel solco degli studi storico-educativi sulla memoria scolastica collettiva, ha l’obiettivo di sondare la rappresentazione di scuola inclusiva emergente da “La classe degli asini”, rilevando quanta e quale influenza è stata esercitata sul film dalla sensibilità pedagogica e culturale propria del nostro tempo.
Debè, A., "La classe degli asini" approda in TV: un caso di odierna rappresentazione audiovisiva dello storico processo di integrazione degli alunni con disabilità, Abstract de <<XVII Convegno triennale del Centro Italiano per la ricerca Storico-Educativa “Passaggi di frontiera. La storia dell’educazione: confini, identità, esplorazioni>>, (Messina, 26-28 May 2022 ), Pensa MultiMedia, Lecce 2022: 38-39 [http://hdl.handle.net/10807/210342]
"La classe degli asini" approda in TV: un caso di odierna rappresentazione audiovisiva dello storico processo di integrazione degli alunni con disabilità
Debè, Anna
2022
Abstract
Il 14 novembre 2016 fu trasmesso su Rai1 il film “La classe degli asini”, diretto da Andrea Porporati. Ambientato nella Torino degli anni Sessanta e ispirato al contributo per una didattica inclusiva della professoressa Mirella Antonione Casale (Levita, 2019), lo sceneggiato televisivo presenta parte della vita personale e lavorativa di una docente di scuola media. Insegnante rigorosa e paladina della trasmissione “vecchia maniera” del sapere, Mirella (Vanessa Incontrada) si trova ben presto a mettere in discussione tutti i suoi punti fermi. È il collega Felice (Flavio Insinna) a rivelarle i limiti di una didattica che esclude la diversità, motivo per cui egli dà forma – in orario extrascolastico – a una “classe degli asini”, aperta ai rigettati dalla scuola del tempo. Il trasferimento di un suo scolaro turbolento in un istituto improntato su metodi costrittivi e violenti, oltre che l’allontanamento della figlia con una grave disabilità da un ente privato a cui era iscritta e che la ritiene incapace di qualsiasi apprendimento, fanno comprendere a Mirella la necessità che la scuola pubblica si rinnovi per divenire luogo di risposta a ogni bisogno speciale. Ella continua questa lotta anche una volta divenuta preside, decidendo di accogliere gli scolari con disabilità nelle classi del plesso che dirige. Il film ebbe ampio seguito di pubblico. L’audience sfiorò i 6 milioni di telespettatori e lo sceneggiato vinse a mani basse il confronto della prima serata. Affrontando un tema pressoché ignorato dalla filmografia italiana, l’audiovisivo ha il merito di aver gettato luce su un periodo cruciale per la scuola italiana, caratterizzato – tra le altre cose – da un dibattito il cui esito fu la promulgazione negli anni Settanta di leggi per l’integrazione dei soggetti con disabilità nelle classi comuni. Un approdo non semplice, segnato dalla netta rottura con pratiche certamente esclusive, ma spesso anche promotrici di una didattica specializzata, e da un “inserimento selvaggio” dei disabili non privo di difficoltà (Cottini, 2017; Polenghi, 2021). Tenendo presente questo contesto, il contributo, che si pone nel solco degli studi storico-educativi sulla memoria scolastica collettiva, ha l’obiettivo di sondare la rappresentazione di scuola inclusiva emergente da “La classe degli asini”, rilevando quanta e quale influenza è stata esercitata sul film dalla sensibilità pedagogica e culturale propria del nostro tempo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.